Prendersi cure delle parole per una scrittrice/uno scrittore
Questo il titolo dell’incontro formativo promosso da ASB per il prossimo 28 aprile alle 17.30 presso la sede dell’UPAD insieme alla Fondazione Gaetano Gambara e alla Società Dante Alighieri di Bolzano
«Gli uomini sono difficilissimi a contentarsi delle cose e facilissimi a contentarsi delle parole», Pietro Verri, filosofo e scrittore illuminista (1728-1797)
di Marco Forni*
Prima delle parole ci sono le cose, le emozioni, le sensazioni. Da sempre vanno e vengono da un luogo all’altro, anche se a volte non si riescono a trovare quelle adatte. Non di rado per far risaltare un concetto o un sentimento si dice: Non ho parole o nello stesso senso in tedesco: Mir fehlen die Worte. Le parole sono vibrazioni e danno vita alla nostra realtà. Nascono dall’esigenza fondamentale di orientarsi nel mondo, di rappresentarlo, descriverlo, raccontarlo – identificandoci – e di comunicare con gli altri esseri umani.
Le parole hanno bisogno di comunità
La penuria di parole, l’incapacità di usarle o di comprenderle possono diffondere diffidenza, paura e incomprensioni. Un ottimo antidoto per abbattere questo muro di ostilità è quello di avere a cuore, di prendersi cura delle parole. Il significato delle parole si espande o si restringe, muta, vive con e tramite i parlanti. Non costringiamole a languire nei dizionari, ma riempiamole di sensi condivisibili, perché le parole hanno bisogno di una comunità per prosperare. Le parole ci consentono di viaggiare a ritroso nel passato coltivando la memoria; impreziosiscono il presente e dischiudono porte d’accesso volte al futuro.
Tanti racconti dentro un vocabolo
Anche lo studio della storia di un vocabolo, ovvero l’etimologia, può racchiudere dentro di sé racconti interessanti e chiarificatori. Come tutte le cose, anche le parole hanno un’origine, anzi ne hanno due, perché sono composte di forma e di significato e sia la prima che la seconda possono cambiare nel tempo e nello spazio.
Il lessico si amplia anche con le figure retoriche, come la metafora. Consiste nella sostituzione di un termine proprio con uno figurato, che ha con il primo un rapporto di somiglianza.
È un mezzo espressivo di arricchimento, non solo semantico e lessicale, ma anche espressivo e stilistico.
La parola va coltivata e prima di essere detta va ascoltata per andare incontro all’altro, a noi, e distinguere la nostra unicità, in una condivisa passione.
Una voce non è una condizione, e neppure un attributo, ma un evento» scrive Steven Connor, studioso e docente di letteratura inglese. Le autrici e gli autori che presentano un loro libro sanno come una voce può esaltare il proprio scritto. Italo Ghirigato, invitato al convegno di Aessebi, ha raccontato le esperienze di ASB in merito alla lettura ad alta voce: come attività formativa; come strumento per migliorare la scrittura e come intervento nelle Residenze per Anziani.